Letteratura sovietica

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Dopo la Rivoluzione d’Ottobre in Russia, il nuovo potere politico cerca di controllare la vita letteraria ripristinando la censura, abolita dal febbraio 1917, ed espellendo gli intellettuali più influenti. Nonostante queste misure, alle quali si aggiungono l’emigrazione della maggioranza degli scrittori, e la quasi totale mancanza di materia prima, cioè la carta, la vita letteraria degli anni Venti è ricca e variegata, dando vita alla cosiddetta letteratura sovietica.

Si distinguono autori come Blok, Majakovskij, Esenin, Ivanov, Fedin, Zamjatin. E’ di quest’ultimo il romanzo “Noi”, descrizione terrificante di una città collettivista in cui ogni libertà individuale è messa al bando, riportando alla memoria “1984” di Orwell. Fu pubblicato all’estero nel 1927 e divenne il pretesto per una violenta campagna contro l’autore. E’ il periodo in cui altri autori, come Pilnjak, Platonov, Babel, riscuotono successo, per le loro opere di denuncia contro gli orrori dei lavori forzati o sulla guerra civile. Negli anni ’30, con l’irrigidimento del regime e l’adozione del “realismo socialista” come norma della letteratura sovietica, inizia il periodo del terrore: numerosi scrittori scompaiono nei gulag, altri sono costretti al silenzio.

Molte opere restano inedite, come il famosissimo (ai giorni nostri) “Il Maestro e Margherita”, capolavoro di Bulgakov. La guerra, che provoca un forte slancio patriottico, fa sì che venga allentata un po’ la censura. Tra gli autori si distingue Nekrasov, con opere assolutamente degne di nota ma ritratti atroci di una realtà purtroppo autentica. La fine della guerra coincide con il ritorno alla censura e al terrore. Per respirare di nuovo, i letterati dovranno aspettare la morte di Stalin, quando si apre l’epoca della pubblicazione delle opere dei grandi scrittori, vittime della censura, e della rivelazione di altri talenti.

Finalmente si osa dire la verità sugli orrori della guerra e si apre la strada a un’ampia letteratura sullo stalinismo, insieme alla tragedia della campagna russa, devastata dalla collettivizzazione e dalla burocrazia. Durante la presidenza di Breznev si ritorna ai divieti. Molti autori sono costretti a emigrare per lavorare e numerosissime opere sono pubblicate solo all’estero, come il “Dottor Zivago” di Pasternak, le memorie di prigionia di Ginzburg, “Vita e destino” di Grossmann, con la sua riflessione sul mondo totalitario. Anche Brodskij, futuro premio Nobel, emigra negli USA, dopo la condanna da parte del governo russo.

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